
Paolo Cenciarelli, fotografo, ha appena pubblicato il libro "Vangelo" per Drago. Lo abbiamo intervistato e in questa gallery trovate alcuni suoi scatti.
C’è stato un momento a Roma, durato qualche anno, nel quale in modo spontaneo tante persone si sono date da fare. Spinte dall’euforia del futuro che rappresentava l’immagine dell’anno 2000, tanti si sono spaccati la schiena e le orecchie per costruire una cultura underground che è germogliata e che oggi ancora fa ombra su Roma. Centri sociali illuminati, skater, DJ, artisti, club e angoli improbabili della città sono stati i corpi e i luoghi di un vero e proprio movimento, le cui parti non sempre sono state connesse, ma il cui lavoro è stato vitale e fondamentale. Difficile raccontare quel periodo in modo esaustivo attraverso le parole, più facile forse coglierne lo stile, il carattere e la potenza attraverso la fotografia. Serviva un fotografo immerso nel presente, in mezzo al villaggio per cogliere le pieghe, i segni, i volti di quegli anni. Paolo Cenciarelli ha scattato migliaia di foto mentre viveva immerso in quel movimento; ai suoi amici, ad artisti, rapper, DJ, motociclisti, tatuatori, suicide girls, case e persone sconosciute. Dopo anni, tutto quel materiale ha trovato faticosamente un ordine in un libro fotografico edito da Drago (bambino pestifero dell’editoria italiana/mondiale). Il risultato è un libro nel quale molti si ritroveranno, assemblato come sempre in modo ottimo da Drago, che nel suo fondatore Paulo Von Vacano, continua ad avere una guida illuminata per perlustrare angoli bui e poco frequentati. Insomma, Roma è piena di gentaccia, si dice, questa gentaccia quando si mette insieme sa raccontare ed emozionare, sa fare, creare, sognare e cambiare la città. È il caso che conosciate meglio Paolo Cenciarelli e la sua fotografia.
Chi è Paolo Cenciarelli?
Sono un fotografo ok, sono un ragazzo ok e sono una persona che ce la mette tutta per essere onesta e coerente. A volte mi viene bene, altre peggio.
Raccontaci che cos’è “Vangelo”.
“Vangelo” è tutto ciò che succede all’ombra del cupolone, della Santa Sede. Nella città del Papa, vivono differenti tipi di persone, alcune di queste sono raccontate in “Vangelo”. “Vangelo” è uno dei racconti di Roma all’inizio del secolo, che rappresenta in maniera trasversale alcuni movimenti underground di quegli anni e gran parte della mia vita e di quella dei miei amici. Alcuni vicini a me anche oggi.
Com’era in quegli anni Roma?
Roma è da sempre città aperta; ricordo che la prima volta che incontrai quello che oggi è il mio editore, Paulo Von Vacano di DRAGO, definii quel periodo il buco. Era un periodo intenso, pieno, molto rumore e mancava una testimonianza che ne avesse permesso la storificazione. “Vangelo” è anche questo. Io skateavo e facevo foto, ero un ragazzo che faceva parte di qualcosa, ho capito dopo di cosa.
Che energia c’era in quegli anni in città?
La stessa di oggi, probabilmente la stessa di domani; quello che è cambiato oggi è il dove trovare quell’energia di un tempo: una volta gli spazi erano più bui, oggi invece una parte dei movimenti underground romani è contestualizzata in spazi istituzionali, illuminati dai brand. La trovo una cosa bella, basta stare un poco attenti al come vendersi, ma era ora che qualcuno spendesse dei soldi.
Se dovessi individuare qualcosa a Roma adesso che abbia la stessa forza che aveva quel movimento che hai raccontato nel libro, cosa sceglieresti?
Subito dopo quel periodo c’è stato un forte periodo di movimento legato al clubbing. Oggi anche quello si è spento, la vera realtà romana oggi è ancora per strada e sono le contaminazioni, i nuovi arrivati, i diversi colore di pelle a influenzare la vita dei romani. Anche stavolta Roma è più mamma che mai.
Quando hai scattato le foto, avevi coscienza di avere a che fare con qualcosa che sarebbe diventato storia?
No, sentivo il profumo di qualcosa, per esempio nei ragazzi che rappavano riuscivo a intravedere un qualche tipo di futuro. Per quello che riguarda lo skateboarding e i graffiti invece non avevo coscienza di come quel movimento si sarebbe potuto evolvere.
Quanto c’è nella tua fotografia di ricerca di momenti storici, cioè quanto è importante per te immortalare qualcosa con il fine di testimoniarla e quanto una foto è pura estetica?
Non ricerco un’estetica forzata mentre scatto, anzi. Cerco di scattare con la testa sotto il cuscino, per citare qualcuno di molto importante. In un secondo momento mi accorgo delle possibilità estetiche dell’immagine e di quello che l’immagine racconta e del come lo racconta.
Come è stato scegliere tra tantissime foto quelle più funzionali al racconto che volevi fare?
La prima volta che abbiamo messo tutte le immagini insieme, tra immagini in pellicola e digitale, erano oltre 17.000 mila. Incredibilmente il percorso di editing e sequenza è stato svolto in pochi mesi, alcuni mesi sono serviti a dimenticarsene appositamente per riguardare la sequenza in un secondo momento. Abbiamo cercato di omaggiare tutti, dagli skateboarder, ai rapper, agli skin, ai romani. Roma è stata sempre con noi.
Ti senti più un raccontatore, qualcosa di simile a un giornalista, oppure più un artista, qualcosa di più simile a uno scrittore di romanzi?
Mi piacerebbe essere un poeta, credo che un poeta sia un romanziere con un grande dono di sintesi. Un poeta è un artista?
Cosa trovi di interessante nel fotografare la musica? C’è qualcosa di speciale che cerchi e che vuoi amplificare?
In “Vangelo” c’è molta della scena musicale romana, mi piace il mondo della musica, ma non quello degli show, piuttosto quello delle persone che della musica fanno parte, che fanno musica. Mi interessano le persone, poi i personaggi.
Come mai ti interessa la strada e le culture che in strada fioriscono?
Io sono figlio di una famiglia borghese, forse sono solo evaso; per poi tornare arricchito. Spesso il mio ruolo è stato quello di congiungere, unire, far incontrare, gli ultimi con i primi. Quello degli ultimi e quello dei primi sono dei ruoli spesso scambievoli.