
VSC, uno degli animatori della serata Trust In Jungle, ha raccontato a uno dei fondatori della storica Agatha Crew, Andrea Lai, come Roma vive la drum and bass oggi. Un dialogo tra due generazioni unite da ritmi underground e suoni bassosi. E tra una risposta e l'altra c'è anche un assaggio dell'EP di VSC.
Nella foto qui sopra, scattata durante una serata Trust In Jungle, Inward, Hanzo & Randie con Kwality.
Nessuno pensa ormai a Roma come a una città sul mare, eppure per migliaia di anni ha avuto un porto collegato al cuore della città dal Tevere. A Roma arrivavano e da Roma partivano merci e schiavi, tesori ed eserciti. Oggi Roma è una città piena di rovine antiche che guarda attonita la rovina del suo presente. Eppure, in un pugno di artisti ancora riverbera il bisogno di connettersi col mondo, di andare oltre il banale suono che riempie la città. Sono musicisti, cantanti, attori, cuochi, intellettuali, promoter, registi, scrittori e fotografi che forse neanche si conoscono fra di loro, ma che condividono la stessa direzione. Appartengono a varie generazioni e a diversi ambienti sociali, ma si riconoscono fra di loro.
Nella scena dei club della capitale, ormai ammutolita dalla mancanza completa di coraggio e idee, stordita dal bisogno de fa gente alla porta, qualcuno si sbatte, si organizza, si mette insieme e balla a un ritmo diverso. Tanni fa è successo più o meno lo stesso a Roma. Al tempo la drum and bass stava nascendo ed era appannaggio della cultura nera inglese. Ora è diventata grande, è sopravvissuta a un po’ di acciacchi. Da quel suono sono sbocciati generi che hanno fatto nascere altri generi: dalla 2 step ai breaks, alla dubstep, alla grime. Tanti germogli dell’underground inglese che pagano tributo al pionierismo della drum’n’bass. Poi sono arrivati i bianchi, è arrivato il mainstream, dal quale poi la dnb è fuggita, forse accecata dalla troppa luce. Adesso è tornata nei club scuri, sottoterra e negli studi fumosi di tutto il mondo per nutrirsi nel suo habitat culturale.
Nonostante la completa mancanza di un qualsiasi accenno di cultura nera in Italia, anche qui la drum’n’bass ha avuto un percorso simile a quello che ha avuto nel resto del mondo. Dall’ombra alla luce, per poi tornare nell’ombra a raccontare il suono dell’adesso dal basso e con i bassi. La scena drum’n’bass di adesso ha passato la fase euforica, ora è concreta, stabile, conscia. Certo non è più solo il suono della periferia londinese, ma un suono che conosce la sua storia e che adesso la cita, rivede, modifica, aiutato da una tecnica di produzione che ne amplifica in modo micidiale la potenza sonora. Penso spesso a come suonerebbe “Bambaataa” se fosse stata prodotta adesso oppure a quanto sarebbe letale “Super Sharp Shooter” con il suono del 2019… Comunque, Roma è stata una città importante per la bass music. È stato il motore della sua diffusione in Italia grazie a una grande capacità di essere all’avanguardia e di essere porto di transito e oggi, i figli di quella generazione, si danno da fare, nel nostro caso con una serata che si chiama Trust In Jungle, un get together di produttori, Dj e appassionati che cerca il suono dell’attuale per musicare Roma, lo cerca fra i dischi per suonarlo a tutti.
Chi c’è nella crew di Trust In Jungle?
Nella crew ci sono promoter, DJ, performer e appassionati di bass music da tutto il Lazio che hanno sposato il progetto ideato da me (VSC) e Davide (Dabs).
Come vi siete conosciuti e perché avete deciso di organizzare una serata?
Quasi tutti frequentavamo le serate al Brancaleone, io e Davide ci siamo conosciuti nel 2012, avevo appena iniziato a organizzare serate, le prime serate DnB. Quando ci siamo incontrati ero un suo fan (e lo sono tutt'ora) e veniva a suonare agli eventi che organizzavo. L'idea di organizzare una serata insieme ci è venuta nel 2016, dopo essere tornati dal Sun And Bass. Era quel periodo in cui Roma era in astinenza da serate Drum'n'Bass, volevamo condividere la nostra esperienza e creare un party che trovasse le proprie radici nel suono Made in UK e che potesse essere vissuto nell'intimità del club. Eravamo seduti in un bar di Trastevere, mentre progettavamo il primo party e immediatamente abbiamo pensato all'assonanza fra Trastevere e "Trust", il resto lo abbiamo dato per scontato...
Da quanto fate serate?
La prima serata Trust In Jungle risale a ottobre 2016, ma organizziamo eventi e suoniamo da molto prima. Dabs ha iniziato come dj resident al LINUX nel 2006 per la serata Romastyle con Andypop e Ale G, mentre io ho iniziato a organizzare party nel 2012, girando per vari locali e centri sociali a Roma tra cui Brancaleone, Big Bang, Intifada e Saponeria.
C’è qualcuno nella crew che produce musica e la pubblica?
Tutti gli artisti nella crew producono musica, anche di generi diversi. I più navigati sono senza dubbio, Dabs e Inward, Hanzo & Randie che da anni pubblicano su alcune delle etichette più importanti della scena, tra cui Dispatch, Eatbrain, Cause4Cauncern e Blackout.
Com’è la situazione drum’n’bass a Roma?
Roma ha sempre avuto un forte attaccamento alla drum'n'bass, dai tempi di Agatha, fino a organizzazioni come Soundgate e Evilsound. È stata protagonista, in Italia, di tutte le fasi e le evoluzioni del genere, ma ha accusato la chiusura dei locali e dei luoghi di aggregazione simbolo come il Brancaleone (problema non solo romano) e dello stereotipo drum'n'bass = punk & drugs che non ne ha favorito lo sviluppo nei club e conseguentemente il raggiungimento di un mercato più ampio. Questi fattori hanno portato a un affievolirsi del movimento e alla difficoltà di attivare e incuriosire le nuove generazioni. Ciò nonostante a Roma, come nel resto d'Italia, stiamo assistendo alla crescita di tanti validissimi artisti che fa intravedere una rinascita del movimento.
Qual è la serata migliore che avete organizzato fino a oggi?
In poco più di due anni ci siamo tolti tantissime soddisfazioni. Parlando di numeri la serata di maggior successo è stata quella del Dj set di Pendulum a Ex Dogana: c'erano più di 1300 persone e a Roma una folla così non si vedeva da parecchio... Il primo boat party al Lian Club è stato epico, non credo fosse mai successo a Roma che si ballasse DnB in un barcone sul Tevere e le vibe le potevi quasi toccare. A ogni serata si respira sempre una bellissima atmosfera, però, la prima volta non si scorda mai. Quella nei sotterranei di Palazzo Velli (un palazzo del ‘400 nel centro di Roma), con Was a Be, Kwality, Dabs e VSC rimane la nostra serata migliore, è stato il manifesto del progetto ed è dove abbiamo conosciuto Ernesto (Ernest Powell), uno dei nostri resident, oltre che un fratello.
Ci sono altre realtà oltre a voi a Roma?
Se parliamo di drum'n'bass/jungle siamo gli unici a portare avanti una serata con continuità. Quest'anno grazie alla residenza al Rashõmon Club siamo riusciti a riunire quasi tutti gli artisti e i promoter del territorio. Siamo contenti di lavorare a un unico obbiettivo con realtà come RUM e Need4Bass: siamo convinti che l'unione faccia la forza! In città ci sono anche altre realtà interessanti che si occupano di bass music come Amen, Since e Mox che portano avanti progetti di primissima qualità e con le quali abbiamo avuto il piacere di collaborare.
All’inizio degli anni 2000, ascoltare la drum'n'bass era anche un modo di vivere la città, anche a Roma. Per voi è lo stesso adesso?
Fino all’avvento dei social potevi sentire quel brivido avventuroso ogni volta che uscivi e andavi ad una serata, magari in un locale o in una zona della città che non conoscevi. Ora puoi sapere cosa accade dall’altra parte della città, se stanno suonando la musica che ti piace o meno... sicuramente più comodo ma è un modo diverso di vivere la città. Comunque respiriamo la nostra musica ogni giorno, in città, in quello che facciamo, come produttori e Dj, però chiaramente la serata è l’apice. Forse viviamo un po’ più singolarmente la cosa e probabilmente adesso la passione per la drum’n’bass e la voglia di farla fanno uscire più artisti che ascoltatori. È un po’ più una cosa da casa, noi stiamo cercando di far uscire le persone e far vivere qualcosa che vada oltre le produzioni e diventi qualcosa di collettivo. Vogliamo creare una comunità.
Fra gli anni ‘90 e gli anni 2000 se andavi in alcuni negozi a Londra ed eri bianco non ti davano i dischi buoni, a meno che non fossi amico di qualcuno. Siete legati alla DnB nera o all’evoluzione che ha avuto nel corso degli anni diventando sempre più appannaggio di produttori bianchi?
Molti di noi si sono affacciati per la prima volta alla drum'n'bass grazie ad artisti come Ed Rush, Noisia e Pendulum e all'esplosione della neurofunk, ma siamo fermamente attaccati alle radici di questo genere e a quell’atmosfera tipica del rito tribale che ti viene trasmesso durante un set old skool jungle. Nelle nostre serate ci piace spaziare tra le diverse sonorità di questa musica. Forse la risposta esatta è che ci sentiamo legati a entrambi i filoni, in fondo crediamo che esistano soltanto due tipi di drum'n'bass, quella buona e quella di m... In conclusione, ormai è diventato molto semplice per un Dj trovare nuovi dischi, nell'era del digitale, quindi per trovare quelli buoni basta soltanto cercare con cura.
Sono molto curioso di sapere e capire che immagine avete voi della drum’n’bass, che siete molto giovani e che al momento dell’apice mondiale del genere probabilmente eravate alle elementari.
Siamo giovani ma siamo molto appassionati e crediamo che per avere un'immagine chiara di cosa rappresenta la DnB, bisogna conoscerne a fondo il passato, il retaggio: it’s a serious thing! È vero, suoni, stili e party sono cambiati molto da quei tempi ma crediamo che l'anima sia rimasta sempre la stessa, parliamo di un genere che esce fuori dagli schemi che ha le basi nella libertà, nello studio del suono e nella mescolanza di culture urbane.
Viaggiate per andare a sentire altri Dj in giro per il mondo?
Assolutamente sì! Purtroppo, per ascoltare alcuni artisti non c'è altro modo che andare all'estero e non perdiamo occasione per goderci festival come l'Outlook o Let It Roll, dove alcuni di noi hanno anche suonato (Dabs, Inward Hanzo & Randie, VSC) o una serata a Londra. Sono le esperienze che ci danno la maggiore fonte d'ispirazione. Fortunatamente esiste il Sun And Bass con il quale, una settimana all'anno, l'intera scena si sposta in Italia, in Sardegna.
È ancora Londra la città della DnB per voi, come lo era per noi?
Senza ombra di dubbio! L'universo DnB è lì che gira, i migliori party, i locali, gli artisti. Ci sono altre realtà come quella olandese o dell'est Europa, in particolare della Repubblica Ceca che sono in ascesa, ma l'aria che si respira a Londra è tutta un'altra cosa. Il Fabric, la serata Rupture ai Corsica Studio... vengono i brividi solo a pensarci. La DnB è un genere che nasce come risposta a un bisogno iper-contemporaneo, e che non prevede un revival, voi vi dedicate al ripescaggio di vecchie tracce? Siamo attentissimi alle nuove tendenze e durante ogni set proponiamo le produzioni più fresche in circolazione. Allo stesso tempo ci teniamo a far ascoltare tracce che il pubblico potrebbe essersi perso... Il revival inteso come suonare vecchie hit non ci appartiene ma quello del ripescare tracce "dimenticate", il diggin' in the crates, è un’azione a cui siamo molto affezionati. Qual è il vostro suono di riferimento? Amen Break, bassi profondi e chi groove ne ha groove ne metta. Durante la serata suonate anche altri generi che hanno a che fare con la bass music, come reagisce il pubblico? Nei nostri party le aperture sono quasi sempre a sfondo UK bass o breakbeat, da quest'anno con la possibilità di avere una seconda sala stiamo proponendo set che spaziano dall'acid house alla garage, grazie a Dj navigati come Bob Tha Funk. Il pubblico risponde molto bene!