
Railster (foto di Michela Nale) è un producer friulano residente a Londra. Ha pubblicato da poco un nuovo lavoro e con lui abbiamo parlato di questo ma anche di come vive Londra...
"Another Day" è un EP nato nella capitale inglese, uscito lo scorso luglio e composto da sei tracce. Railster, vero nome Andrea Uliana, ha mosso i primi passi nell’hip hop per poi sperimentare suoni e ritmi elettronici di altra matrice. È anche fondatore della community di producer Beat.it, attiva dal 2011.
Da quanti anni vivi a Londra e quanto pensi che una città del genere influenzi la tua musica?
Vivo a Londra da circa 8 anni, ma torno spesso in Italia quando posso. La mia musica non vuole avere una locazione precisa, ma Londra sicuramente mi ha influenzato molto. Vivere per molto tempo in una metropoli mi ha permesso di notare il contrasto con la provincia dalla quale provengo. Ho utilizzato alcune registrazioni ambientali per cercare di narrare queste differenze. Quest’ultimo EP, “Another Day”, inizia con un messaggio di servizio registrato mentre aspettavo nella metropolitana e ho inserito anche un chitarrista che spesso incontravo a Shoreditch andando a lavoro, ma alla stessa maniera ho usato altre registrazioni prese dalla natura friulana dalla quale provengo. La combinazione di queste due risorse, in qualche maniera, per me ha senso.
Frequenti qualche club o serata in particolare? In ogni caso, come vedi, al momento, la scena clubbing londinese?
Suono spesso con i miei amici di Pineapple Pizza, con residenza al Grow di Hackney Wick. In queste serate selezioniamo afrobeat, disco, dancehall, bass music e rarities. La terrazza esterna sul canale questa estate mi ha ospitato diverse volte, servono dell’ottimo cibo e sono molto gentili. Alcune volte sono andato, assieme a HLMNSRA, agli eventi degli amici di Nervous Horizon, nella zona nord di Tottenham. Mi piace vedere le esibizioni live di artisti e amici che seguo, come per esempio Flohio, Fluxdeflic, la mia amica Giulia di “Third Circle” di NTS Radio, Fly High Society e Iglooghost, per esempio. Preferisco gli eventi live alle serate da propriamente da “club”.
All’interno della comunità italiana a Londra ci sarà di certo chi, come te, fa musica non proprio allineata alle tendenze di mercato: quanto sono diverse le prospettive per chi fa lo stesso qui in Italia?
Credo che sia simile in entrambi i casi. Magari a Londra ci sono molti più eventi di elettronica leftfield. Spesso vado al museo Tate per degli eventi di arte e musica. In Italia ho visto meno investimenti sui talenti dei più giovani. Ma immagino che una grande città come Milano, per esempio, sia simile a Londra per molti aspetti.
Questo tuo nuovo EP si intitola, appunto, “Another Day” e leggo che è “un tributo all’inesorabile passaggio del tempo”. Vuoi spiegarci meglio il concetto dietro questo lavoro?
Ogni mio lavoro nasce da una direzione o visione. Lo scorso inverno, andando a lavoro, mi sembrava che le giornate si assomigliassero molto. Chi ha vissuto a Londra sa di cosa parlo. Un amico spesso, a fine giornata, mi diceva la frase “another day, another dollar” come ad essere consapevoli di aver portato a casa il necessario e per questo esserne sereni. Questa frase mi ha ispirato nel comporre questo EP. In origine, inoltre, ho scoperto che era una sorta di modo di dire. Ho ragionato sulla routine e su cosa fosse al di fuori di quello che io ritengo “normale”, ho cercato il “surplus” positivo durante questo periodo di “ricerca” quando stavo registrando il disco e ho cercato di inserirlo sotto forma di audio. Recentemente, mi sono ricordato che anche Brian Eno aveva fatto un disco con un titolo simile.
Tra le righe dei sei brani si sentono delle influenze bass music. A quali ritmi e suoni senti più vicino questo lavoro?
Ascolto tanta musica in generale, cerco sempre di tenermi aggiornato, anche ascoltando spesso la radio online. Ma quando produco musica allora mi sento vicino a sonorità grime, come Skepta, Stormzy o cose più recenti della scena parallela drill, come slowthai, o rapper giovani come Aitch, Sampa The Great, ma anche cose più popolari come i Migos. Tra i dischi che più mi hanno portato ad apprezzare questo genere ci sono i primi di Roots Manuva o il successivo “Boy in da Corner” di Dizzee Rascal e le uscite della crew Roll Deep. Ero rimasto molto colpito dall’utilizzo di alcuni suoni di forte matrice elettronica e club, usati in un contesto urban / hip hop. Ma allo stesso modo mi sento sempre legato anche a una certa scena IDM, che si concretizza nei primi dischi di Aphex Twin che mi portano a usare synth e registrazioni ambientali, in contrasto con le tendenze. Ho utilizzato anche alcuni sample di voci provenienti da Tommy Wright III come piccolo tributo ad alcune ritmiche e sonorità che ho utilizzato nel disco.
Pensi che il tuo background hip hop incida sempre nella tua maniera di fare musica? Chiaramente mi riferisco ai tuoi lavori solisti, non alle produzioni per altri artisti…
L’hip hop è stato sempre molto importante per me. Anche se l’output può risultare non conforme alle “regole”, l’approccio è sempre genuino. Ho collezionato molti hardware negli anni, ma il modo di fare hip hop, per esempio, mi ricorda di utilizzare strettamente quello che si ha a disposizione. Sono legato a un certo ricordo di hip hop, per quel che riguarda la metodologia. Per me la semplicità funziona sempre, e spesso se si è in un buon mood creativo basta un laptop con un software musicale che si conosce bene, per tirare fuori una buona idea. L’hip hop nel senso di community è stato uno dei motivi per il quale ho creato il progetto/community https://thisbeat.it, che ancora sto seguendo con l’aiuto di alcuni supporter. Ma l’aspetto del beat-maker, con scratch, breaker ecc. è da dove provengo, quindi per me è sempre la prima referenza, per la quale ancora adesso ripongo molto rispetto.
Hai in programma dei live set? C’è un luogo in particolare dove ti piacerebbe suonare?
Ho presentato il mio ultimo EP al Grow lo scorso luglio e spero di presentarlo tra l’Italia e Londra. Spero di avere del tempo libero per strutturare meglio la mia esibizione live, magari aggiungendo dei visual, mi piacerebbe esibirmi live in qualche piccolo teatro o museo d’arte, o magari qualche evento multiculturale. Questo week end (sabato 28/09/19, ndr) suono di nuovo al Grow, dove celebreremo 1 anno di Pineapple Pizza con i Seeds of Creation e Strut Records. Io suonerò qualche traccia dal mio sp404 a orario aperitivo, confidando nel buon tempo!