
Zizzed ci racconta il suo intenso percorso nei ritmi elettronici, prima e dopo l'esperienza con Reset! (foto qui sopra di Marco Viggiani).
Zizzed è un autore, Dj e produttore versatile, con un'esperienza musicale su più fronti. Oltre a collaborare con rapper e cantanti, porta avanti con passione l'etichetta indipendente Avantique e vari progetti musicali. La sua concezione di bass music, non a caso, è molto aperta e da questa chiacchierata si capisce chiaramente.
Innanzi tutto, vorrei sapere come si è evoluto il tuo rapporto con i vari stili della bass music negli anni, da quando hai iniziato ad ascoltarla.
Il primo incontro con la musica elettronica l’ho avuto da adolescente frequentando lo Studio 26 a Gravina nel ‘92 / ‘93. Con gli amici appena maggiorenni facevamo anche trasferte al Jubilee a Corato o al Divinae Follie di Bisceglie. Coccoluto, Joe T Vannelli, Frankie Knuckles, David Morales, Little Louie Vega erano i nomi più in vista. C’era una voglia di andare a ballare incredibile e le discoteche erano sempre piene. Nello stesso periodo riuscivo a vedere MTV UK grazie a un’emittente locale che, di notte, trasmetteva - sicuramente senza diritto - il segnale dall’Inghilterra. Videoregistravo da Chill Out Zone a Headbangers Ball passando per Mtv Dance, ma YO! MTV Raps fu la vera ventata d’aria fresca. A un certo punto, infatti, mi sono fissato con l’hip hop, ho cominciato a fare beat con Fast Tracker 2 usando il pc e, dopo un po’, ho registrato le mie prime demo. Nella seconda metà dei ‘90 ho cominciato a frequentare Kosmi e, dopo un annetto, ci siamo aggregati a Donato il Mostrino con cui è partita l’esperienza di Casa del Fico (con cui realizzeremo “Inadiiria”, un album per la Extra Label / Virgin) e la collaborazione stabile con l’I&I project, una realtà affermata nella scena sound system italiana. All’epoca organizzavano le dance hall più frequentate nel barese con ospiti della scena italiana o internazionale. Erano fan in particolare del reggae-dub UK e negli anni, invitarono The Disciples, Iration Steppas, Adrian Sherwood, Mad Professor, Zion Train ecc. Sempre loro portarono in tour in Italia - per la prima volta - The Rootsman che, nonostante fossi alle prime esperienze di produzione, dopo aver ascoltato le tracce a cui stavo lavorando, mi propose di remixare il suo singolo “Imitator”, che fu poi pubblicato su vinile dalla sua label Third Eye. Avevo 18 /19 anni. L’intera crew di I&I era appassionata all’evoluzione delle musiche afrocentriche per cui, nonostante il reggae e l’hip hop fossero i generi più apprezzati e suonati, c’era molta ricerca e apertura. Partivano in macchina dalla Puglia per andare a comprare i dischi a Londra. Ricordo quando ascoltammo per la prima volta General Levy e la jungle o “New Forms” di Roni Size (vedi il video qui sotto, ndr). O quando tornarono con un centinaio di vinili di UK garage mentre in Italia Craig David e Artful Dodger non si conoscevano ancora. Nel 2003 mi sono trasferito a Roma e, nel 2004, in ambito hip hop, ho vinto il Diesel Urban Award con il pezzo “Una famiglia”. Dopo sono stato coinvolto a fare rap nel progetto Santi Bailor e arrivammo in finale a Musicultura. Intanto mi ero messo a fare house con Reason 3 e ho partecipato con il nome “Forrest Drum presents: World Tour” al contest per nuovi Dj-producer indetto da Elettrowave: mi son classificato secondo alla finale di Bari, vinta dai romani 0hz con una performance live di roba electro e techno veramente avanti, che mi colpì molto. Ogni tanto mi chiedo che fine abbiano fatto. Infine, c’è il decennio trascorso con Reset! (2007 / 2017) dove ero co-organizzatore, produttore musicale, autore e Dj. Per raccontarvi questa storia non basta un articolo… Googlate che roba ce n’è. Sono stati anni bellissimi. Successivamente ho pubblicato musica come The Johnny Fresh Experience e come Vincent Campbell. Insomma, che si tratti di hip hop, reggae, electro, house, nella mia officina digitale ho a che fare da tempo con i generi ad alta densità di basse.
Con Reset! avete iniziato a farvi notare più o meno in corrispondenza con il boom della dubstep. Nei vostri set suonavate pezzi di Benga, Skream, DMZ e tutta quella scena? E in caso affermativo, come reagiva il pubblico italiano di allora? O non li suonavate perché non erano adatti?
Per la natura high energy di Reset! la dubstep a cui fai riferimento (quella pre Skrillex, Excision ecc. ecc.) non trovava tanto spazio nelle nostre selezioni. Ad ogni modo c’era qualche traccia di Benga che suonavamo e mi ero fatto un edit di “In For the Kills” di Laroux remixata da Skream a cui avevo aggiunto una cassa dritta da metà pezzo in poi. Inolte, per un paio d’anni abbiamo spesso suonato “Gold Dust” di Dj Fresh per chiudere i nostri set.
Da tanti anni vivi a Milano e visto che, ultimamente, si parla molto del suo respiro europeo, se dovessi giudicare il livello dei club in città paragonandolo, secondo la tua esperienza, a quello di piazze leader come Londra, Berlino o Parigi, a che livello siamo?
Be’, l’offerta a Milano di sicuro non manca. I booking internazionali (dei vari generi da ballo) sono sempre più frequenti. Poi basta andare sugli eventi segnalati su Resident Advisor e lì vedi che quello che cambia, più che altro, è la distribuzione settimanale. Mentre da noi è quasi tutto concentrato fra il venerdì e il sabato, nelle città che hai nominato anche infrasettimanalmente l’offerta è più ampia. Stiamo parlando di aree metropolitane anche più popolate di quella milanese e, fatte le dovute proporzioni, quello che Milano offre direi che è più che all’altezza.
A livello internazionale, tra i vari ritmi e le varie scene, quale pensi sia da tenere più d’occhio, ora come ora?
Sta uscendo un sacco di bella disco. Chi l’avrebbe mai detto, eppure è così. Defected e Glitterbox stanno regalando ancora una volta grandi emozioni. Poi c’è l’ondata afro da cui aspettarsi sicuramente qualcosa di spiazzante. Dalla Francia sta venendo fuori Gystere, un esponente della scena afrofuturista che mi piace molto. Poi ho apprezzato tanto il disco di Sturgill Simpson “Sounds & Fury”, di cui esiste anche la versione video su Netflix. Un misto di break electro, chitarre western e sintetizzatori che mi ha decisamente colpito. E poi i brasiliani. Il baile banger cresce (una traccia che mi è piaciuta ultimamente è “Balanca” di Chernobyl feat. Praga) ma anche sul versante della dance più ipnotica e dai connotati organici ho sentito roba interessante, “Bamba Querê” di Iara Rennó per esempio.
Guardando il tuo percorso, e sentendoti parlare, si capisce che hai un rapporto totale con i ritmi elettronici. Pensi che in Italia, certe scene, come quella drum and bass per esempio (visto che qui ne parliamo spesso), abbiano un pubblico ristretto perché vivono il rapporto con il ritmo prediletto con troppo fanatismo e settarismo? O pensi sia solo una questione musicale?
Penso che sia una questione socioculturale e mediatica. Ci sono delle città più attive e città dove non c’è mai stato un Dj o un gruppo che proponesse il genere e costruisse un movimento solido attorno a quel suono. Ma perseverando tutto è possibile.
Tra i vari progetti che porti avanti e in cui sei coinvolto, a quale stai dedicando più tempo in questo periodo?
Nel 2020 usciranno diversi album che ho prodotto negli ultimi due anni per cantanti e rapper. Non aggiungo altro per scaramanzia. Poi sto tirando su il mixtape di Avantique, la mia piccola label di elettronica alternativa, e completando i missaggi dell’album di Mbriake per la Pejor Records.
Per finire, se dovessi inserire in un tuo set cinque pezzi bass music, quali sceglieresti?
Scatta il revival:
Cassius - Youth Speed Trouble Cigarettes - Reset! "TROUBLE" Remix
Kidda - Under The Sun (Herve Mix Video)
Jack Beats - Get Down (Original Mix)
Bass Kleph - Bump Uglies (Stupid Fresh 'Wizards In Oz' Mix)
Vincent Campbell - Meow!